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#17 - aumento costi container, soluzione ai dazi, news EUDR
28 giu 2025
Edoardo Arbizzi
🌎 Sguardo Globale
📦 Dal 1° giugno aumentano i costi del trasporto container dal Far East al Mediterraneo
Tariffe oltre i 3.000 dollari: rincari da MSC, Hapag Lloyd e CMA CGM
Dal prossimo 1° giugno il trasporto marittimo containerizzato tra Estremo Oriente e Mediterraneo subirà un netto rialzo. MSC ha annunciato nuove tariffe da 3.500 dollari per container da 20 piedi, applicabili a tutte le tratte dirette verso porti del Mediterraneo occidentale, orientale, Adriatico, Europa e Nord Africa. Il prezzo include già fuel surcharge ed extra per le Emission Control Areas. Per le spedizioni inverse (dal Mediterraneo al Far East), un box da 20 piedi da La Spezia a Shanghai costerà 500 dollari, esclusi supplementi.
Anche Hapag Lloyd introdurrà dal 1° giugno nuovi noli spot: 3.100 dollari per container da 20 piedi e 4.300 per 40 piedi, diretti verso porti del Mediterraneo occidentale, con Marine Fuel Recovery incluso.
Gli aumenti arrivano in un contesto già in tensione: secondo Xeneta, il costo medio di uno spot tra Far East e Mediterraneo ha toccato 3.152 dollari (con punte oltre i 3.400), mentre il Drewry Index segnala stabilità a 2.742 dollari.
CMA CGM, invece, applicherà per ora sovrapprezzi verso Nord Europa e Nord America: da metà giugno, per i viaggi dai porti mediterranei (Italia inclusa) verso la East Coast USA si pagheranno 500 dollari in più per container. Per il Far East, le nuove tariffe spot partiranno da 530 dollari (20 piedi) e 980 dollari (40 piedi) per le tratte dal Mediterraneo occidentale.
Le principali compagnie stanno alzando i prezzi. Per gli importatori europei, giugno porterà una nuova ondata di costi da gestire.
Soluzione ai dazi — completamente legale
Le aziende stanno trovando un modo per attenuare l’impatto più significativo dei dazi, sfruttando una norma di legge vecchia di decenni nota come la first sale rule.
Nel diritto doganale statunitense, la first sale rule permette agli importatori USA di utilizzare il prezzo della prima vendita in una serie di transazioni per calcolare i dazi doganali.
Secondo la first sale rule, il rivenditore USA può pagare il dazio sull’importazione basandosi sul prezzo iniziale del bene, anziché sul prezzo maggiorato, eliminando così il costo legato al profitto dell’intermediario.
“Le regole consentono di usare quel prezzo iniziale di vendita dalla fabbrica al venditore per determinare il prezzo finale su cui calcolare il dazio,” ha spiegato Brian Gleicher, avvocato senior e membro dello studio Miller & Chevalier Chartered, in un’intervista telefonica con CNBC.
Ecco i criteri che le aziende devono rispettare per applicare la first sale rule:
Devono esserci almeno due vendite: una da un produttore estero e una o più da un intermediario
Le vendite devono essere effettuate a condizioni di mercato (arm’s length), da parti indipendenti e totalmente estranee tra loro
Deve esserci la prova che l’articolo fosse destinato agli USA, non solo che sia finito lì per caso
Deve esserci documentazione sul prezzo della prima vendita
Di norma, il dazio imposto dalla dogana USA si basa sul prezzo di importazione del bene, e il carico della prova spetta all’importatore, che deve dimostrare il costo iniziale del prodotto. Questo non è sempre un dato che il venditore è disposto a rivelare.
Sebbene la first sale rule sia applicabile a vari prodotti e settori, è considerata particolarmente utile per beni di consumo di alto valore e prodotti di lusso, dove i margini sono maggiori.
🔗 Fonte: https://www.cnbc.com/2025/05/26/businesses-are-finding-a-tariff-workaround-the-first-sale-rule.html
🖼️ Meme del giorno

⚖️Focus Compliance
EUDR: cosa cambia con la nuova lista nera dell’UE
Dove eravamo rimasti…
L’EUDR (Regolamento UE sulla Deforestazione) è una legge europea che punta a contrastare la deforestazione legata all’importazione di prodotti agricoli e forestali nell’Unione Europea. Il regolamento impone alle aziende europee di effettuare controlli rigorosi (due diligence) sulle importazioni di materie prime come cacao, soia, caffè, olio di palma, legno e carne bovina, per assicurarsi che non provengano da aree di deforestazione illegale o violazioni dei diritti umani.
Una delle novità più rilevanti riguarda la creazione di una “lista nera” dei Paesi considerati ad alto rischio. Essere inseriti in questa lista significa che le importazioni da quei Paesi saranno soggette a controlli più severi, con obblighi di due diligence più rigorosi per le aziende europee, che dovranno verificare in modo approfondito l’origine e la sostenibilità dei prodotti.
Cosa cambia?
Il 30 aprile scorso, l’UE ha approvato ufficialmente la prima lista nera che entrerà in vigore i primi di giugno, che include solo quattro Paesi: Bielorussia, Corea del Nord, Myanmar e Russia. Paesi grandi esportatori come Brasile, Indonesia e Malesia, nonostante siano tra i maggiori responsabili della deforestazione globale, sono stati esclusi dalla lista nera (suscitando forti critiche da parte delle ONG ambientaliste, che accusano l’UE di aver adottato criteri politici).
Per i Paesi non inseriti nella lista nera, gli obblighi di controllo per le aziende europee restano meno severi, con verifiche più limitate. Questo implica meno pressione per migliorare le pratiche di sostenibilità ambientale e sociale in quei Paesi.
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