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#22 – Teijin and Schneider Electric Supply Chains and the Cobalt Crisis

7 ago 2025

Edoardo Arbizzi

🌎 Sguardo Globale

🏥 Teijin: quando la supply chain sostenibile diventa terapia per il pianeta

Nel mondo della sanità, dove ogni decisione di procurement può influenzare la salute di milioni di persone, Teijin sta riscrivendo le regole del gioco. La multinazionale giapponese da 6,8 miliardi di dollari di fatturato ha fatto della sostenibilità non solo un obiettivo, ma il cuore pulsante della sua strategia di supply chain.

Teijin ha infatti implementato il "Supplier Grievance Mechanism" a luglio 2025, un sistema che garantisce trasparenza totale nella filiera. La loro "Basic Policy for Purchasing and Procurement" non scherza: valutazione rigorosa della salute finanziaria, capacità tecnologiche e iniziative CSR per ogni fornitore. Il risultato? Medaglia d'oro EcoVadis 2025 (top 5% aziende) per le pratiche di procurement sostenibile.

Quello che rende Teijin davvero speciale è l'approccio sistemico: dalla medicina rigenerativa ai materiali compositi, ogni anello della catena è ottimizzato per l'impatto zero. Come dice Akimoto Uchikawa, Presidente e CEO: "Il nostro Purpose esprime il nostro forte impegno nel creare soluzioni pionieristiche per la salute dell'ambiente globale e di tutte le forme di vita del pianeta".

🔗 Fonti: Supply Chain Digital, Healthcare Digital

⚡ Mourad Tamoud (Schneider Electric): "La supply chain è il nuovo sistema nervoso dell'azienda"

Mourad Tamoud, Chief Supply Chain Officer di Schneider Electric, guida una delle supply chain più avanzate al mondo: 160 fabbriche, 75 centri di distribuzione e 80.000 dipendenti per Schneider Electric. I risultati? 4° posto nella classifica Gartner Top 25 Supply Chains e riconoscimento come "Best Global Sustainable Supply Chain Organization".

"Le supply chain non spostano solo prodotti dal punto A al punto B - sono un enabler critico della strategia aziendale", spiega Tamoud. La sua visione si concretizza nel programma STRIVE: Sustainability, Trust, Resilience, Intelligence, Velocity, Efficiency. Non solo parole, ma KPI misurabili: 100.000 tonnellate di CO2 ridotte, 80% delle operazioni alimentate da rinnovabili, prezzo interno del carbonio a 130€/tonnellata.

Il segreto è l'approccio digital end-to-end. Schneider ha implementato Manhattan Active Supply Chain, una piattaforma cloud-native per la gestione integrata della supply chain (trasporto, distribuzione e inventario), in oltre 20 centri, con piani per estenderla a più di 200 siti operativi. "Dobbiamo vedere la supply chain dall'inizio alla fine, e l'unico modo è digitalmente".

La lezione chiave? Ogni decisione aziendale ha implicazioni sulla supply chain. "Avere leader che comprendono queste dinamiche ci rende più agili". La supply chain non è più una funzione operativa - è il sistema nervoso dell'azienda.

🔗 Fonti: Supply Chain Digital, Se

🖼️ Meme del giorno

🔋 Curiosità

⚡ Il Cobalto e il Grande Panico delle Batterie

Chi l'avrebbe detto che un metallo del Congo sarebbe diventato l'ossessione di ogni Chief Supply Chain Officer? Il cobalto è il nuovo "oro nero" dell'era elettrica, con una supply chain più instabile di un castello di carte.

I numeri fanno paura: domanda di cobalto +400-600%, litio e grafite per batterie EV fino al +4.000%. Ogni auto elettrica richiede 200kg di minerali critici - un armadio IKEA fatto di metalli preziosi.

Il problema? La geografia della follia. Il 70% del cobalto viene dal Congo ma è raffinato in Cina. Risultato: la Cina controlla il 75% delle batterie EV globali, il 68% del cobalto raffinato, il 65% del nichel e il 60% del litio battery-grade.

Quando la supply chain di questi materiali si blocca, è il caos. Nel 2022, il London Metal Exchange ha sospeso le contrattazioni sul nichel per la prima volta in 30 anni: i prezzi erano saliti talmente in fretta da mandare in tilt il mercato. Hanno preferito fermare tutto piuttosto che affrontare il panico.

Il problema non finisce qui visto che gli Stati Uniti costruiranno solo 3 gigafactory di batterie da qui al 2029. La Cina ne avrà 88 su 115 previste a livello globale. E non è tutto: secondo Stanford, un’eventuale interruzione delle esportazioni cinesi di gallio e germanio (materiali cruciali per l'elettronica e le rinnovabili) costerebbe agli USA 3,4 miliardi di dollari di PIL.

La lezione è chiara: quando la transizione energetica incrocia la geopolitica, il procurement non è più solo approvvigionamento: diventa una partita a scacchi, dove le pedine sono i metalli e le mosse sono sanzioni, dazi e blocchi alle esportazioni

🔗 Fonti: Oil Price, Optilogic

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